“Diciassette dollari e cinquantacinque”

16 luglio 2013

“A vederlo da fuori, provenendo da Seligman in un giorno di pieno sole del mese di Ottobre, ha proprio l’aria di un posto isolato. E in effetti isolato lo è, ma già alla prima occhiata, benché guardandosi intorno non esista nient’altro, per niente desolante. Abbiamo deciso di fermarci qua perché lo stomaco chiama, e non sappiamo cosa troveremo proseguendo, avendo deciso di abbandonare la più veloce ma altrettanto trafficata Interstate 40. Qui, invece, è da un bel po’ che non incontriamo nessuno. A giudicare dalle carcasse polverose delle macchine d’epoca sparse un po’ ovunque, potrebbe veramente sembrare abbandonato, se non fosse per il luccichio che provoca una Corvette rossa tirata a lucido, segno che qualcuno ci ha messo le mani recentemente. Entriamo, e dietro al bancone sulla destra c’è un tizio, uno di quei tizi come ti aspetti di trovare solo in questo angolo di Stati Uniti. E’ secco, la faccia grinza, i baffi bianchi e non sembra proprio più giovane. Certo a stare qua dentro da solo ci vuole un certo coraggio, mi dico, ma lui non sembra per niente preoccupato. Sbuca fuori dal bancone e scopro che sotto i jeans porta un paio di stivali di pelle a punta, come quasi tutti quelli che abbiamo incontrato negli ultimi giorni.

Noto anche che la sua dose di sicurezza se l’è assicurata quando guardo la fondina del suo cinturone di cuoio, che non e vuota. Ecco, ora so il motivo della sua tranquillità.
“Niente cibo espresso qua dentro, solo cibo confezionato”, ci dice. E così pesco dal dispenser delle patatine una confezione, per l’occasione patatine alla paprica. Gli altri fanno lo stesso e ci sediamo a mangiare intorno a un tavolino, piccolo e rotondo, pescando due sedie dal tavolo di fianco. Fa un certo effetto mangiare patatine e bere Coca Cola in questo posto che sembra un museo e dove tutto sa di vita vissuta, vissuta ma passata. Sembra di fare un salto negli anni Sessanta, e Cinquanta, e forse anche prima.
Mentre mangio mi domando perché non abbiamo scelto il tavolo rettangolare con due comode panche imbottite, ma poi mi dico che per mangiare patatine non serve appoggiare i gomiti.

Guardo il pavimento a quadri bianchi e neri, e penso a quante persone ci hanno mangiato qua dentro, cibo vero però !
Certamente il pranzo più economico di tutto il viaggio, diciassette dollari e cinquantacinque”.

Ma sono solo le otto di mattina”.



Da Seligman a Kingman, Hackberry General Store